non ce lo possiamo permettere, eppure

albero di libri

e sì, tra due giorni l’erede maschio, il primogenito,  inizia la prima media.
perfettamente organizzata ai primi di luglio, non appena saputa la sezione, mi sono procurata la lista dei libri e ho iniziato a girare le librerie dell’usato del capoluogo. per ottimizzare, io e la mia amica ci siamo divise le librerie e giravamo con due liste: chi li trovava in buono stato li comprava anche per l’altra. in questo modo ho trovato in ottimo stato i libri per 8 materie (i 5 titoli rimanenti sono appena usciti e, mi dicono, non si trovano nel mercato dell’usato).
entusiasta dell’esperienza (mi sembrava di essere tornata ai tempi del liceo), ne ho parlato con alcune altre mamme.
grazie della segnalazione e della tua cortesia, ma abbiamo deciso di comprarli
questo è l’sms di una mamma in risposta alla mia segnalazione. ora io so che la famiglia non naviga in acque economicamente floride e questo sms mi ha lasciata un po’ perplessa. cosa significa: abbiamo deciso di comprarli? io non li ho rubati né me li hanno regalati. li ho regolarmente pagati, spendendo anche una certa fatica nel girare per librerie in modo da trovare il pezzo meglio tenuto. è chiaro che il significato è un altro: grazie della segnalazione, ma abbiamo deciso di comprarli nuovi. allora, se il significato, come credo, è questo mi chiedo: perché, se si può risparmiare e si è in una situazione economica di precarietà di spendono più di 250 euro per comprare i libri di prima media nuovi, sapendo che molto molto difficilmente li si potrà usare per il secondogenito? io credo che la spiegazione risieda nel valore simbolico: fare usare ai propri figli libri usati è vissuto, in questo caso – la mamma ha una diploma di liceo classico-, come un segno dell’impossibilità di dare ai figli il meglio, una sorta di sconfitta, un segno di povertà. e, allora, si rinuncia ad altro pur di dare alla figlia i libri nuovi.
mio figlio ha entrambi i genitori laureati, il padre è professore associato, non abbiamo particolari problemi economici ma lui andrà a scuola con i libri usati, opportunamente foderati e, poiché la maggiorparte di questi sono praticamente intonsi, nessuno noterà la differenza (a meno che non lo dica lui). tra l’altro lui sa che, se li tratterà bene, potremo rivenderli e il ricavato sarà suo (un piccolo incentivo di tipo pavloviano).
La nostra è, ancora prima di una scelta di risparmio, una scelta etica. che senso ha buttare al macero milioni di miliardi di tonnellate di carta prodotta dai libri usati? perché non recuperare laddove è possibile recuperare?
sì, è la cultura dell’usa e getta che cerchiamo di contrastare, del consumare senza preoccuparsi delle conseguenze, di vedere nel riutilizzo un segno di povertà, di decadimento sociale. dello “spreco” delle risorse nell’oggi (tanto i beni sono accessibili, seppur con un poco di sacrificio) senza porsi domande sul futuro.
io al pensiero di comprare libri usati, inorridisco: questa la risposta di un altra mamma. ecco la motivazione igienica… ed io non posso fare a meno di chiedermi come e per cosa si usano normalmente i libri in quella famiglia. 😉

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9 risposte a non ce lo possiamo permettere, eppure

  1. julka75 ha detto:

    La questione dei libri nuovi contro quelli usati è una questione che conosco da quando ero bambina. Il primo anno, anche se non te li puoi permettere, li compri nuovi ai tuoi figli perché tutto fuorché dire che non compri i libri nuovi ai tuoi figli. Poi i tuoi figli scoprono, a scuola, che parecchia gente li ha comprati usati, addirittura fregandosene dell’edizione appena uscita. Fotocopiano le parti mancanti. Dal secondo anno in poi i figli chiedono di cercarli prima usati, e i genitori (leggi: la mamma) cedono. Però un po’ lo capisco, perché almeno i libri li vuoi nuovi, come mamma che non naviga nell’oro.
    Oddio, magari me la sono un po’ ricalcata addosso, anche se mia madre non aveva fatto il classico e per i libri aveva un po’ di senso del sacro.
    La seconda non riesco proprio a capirla, invece…

  2. julka75 ha detto:

    Guarda che anche la prima è frutto di provincialismo. Quello che ti convince che essere povero sia una delle colpe peggiori sulla faccia della terra. Ci fai pace difficilmente, con questa roba.

    • lasacco ha detto:

      sì, senza dubbio qui è più evidente, ma io ho visto questo stesso atteggiamento di vergogna (che chiamo di dignità nella povertà) in coloro che arrivano da una famiglia con una situazione economica tutto sommato agiata e si ritrovano ad avere difficoltà economiche e a non riuscire a garantire ai propri figli quello che hanno avuto loro dai genitori.

  3. Vento dell'Ovest ha detto:

    Il problema dei borghesi moderni è che per loro comprare libri e comprare carta igienica è la stessa cosa, non riescono a percepire il valore di un libro che si tramanda nelle generazioni e magari si arricchisce con le note in matita dei suoi possidenti. Costoro non comprano libri, comprano carta, e mentre per dei buoni libri (scolastici o meno) vi sono dei criteri difficili e nobili, l’unico criterio per della buona carta è la freschezza tipografica.

  4. Sandra B. ha detto:

    Scusate se intervengo senza aver figli (ma sono stata figlia e mi sembra ieri).
    Io amavo moltissimo andare a scuola, e certe materie le amavo più delle altre. Ergo, su certi libri non andavo tanto per il sottile e mi andavano bene anche usati, certi altri no: li volevo nuovi, li volevo miei e li volevo anche tenere, dopo. Non sopportavo trovare sottolineature fatte da altri o esercizi cancellati a matita e alcuni libri persino delle medie (non parliamo del liceo) li ho ancora.
    Non vorrei che si finisse col fare dello snobismo al contrario, col voler fare i conti nelle tasche degli altri. Io dico: beh, meno male che certi genitori, se devono fare una spesa al di sopra delle loro possibilità, preferiscono i libri a – che ne so – uno zaino firmato. (Lo so, ora direte che quelle famiglie hanno anche lo zaino firmato. Insomma, navigano in difficoltà economiche non perché ci sia la crisi ma perché sono loro che sbagliano tutto, amen. Confido che non siano tutti così, quelli che vogliono i libri nuovi per i loro figli).

    Ora vi spiego il perché del mio disagio quando sento certi discorsi (nota bene, non quelli sui libri usati, che trovo un’abitudine sacrosanta, e plaudo a lasacco e alla sua amica per l’iniziativa, ma quelli del giudicare le scelte altrui in base a parametri nostri).
    Quando lavoravo in Brasile, i primi anni, in una comunità che definire povera è un eufemismo, collaboravo con un asilo comunitario. La coordinatrice era una donna eccezionale, Amara, una ex lavoratrice rurale analfabeta che si era alfabetizzata e grazie alle sue eccezionali caratteristiche umane era riuscita a diventare una vera leader comunitaria. Aveva messo su lei l’asilo per i bambini del quartiere, aveva un regolare contratto di lavoro e il salario minimo di legge. In pratica, continuava a essere povera ma non miserabile e a modo suo era stata protagonista di una certa “ascensione sociale”. Amara aveva 4 figli e un marito che lavorava nei campi e spesso stava via anche due o tre mesi di seguito. Una volta, eravamo già oltre la metà del mese, chiese al responsabile di avere un anticipo sul salario perché doveva tornare suo marito e voleva andare a farsi i capelli. Il responsabile glielo negò e poi commentò con me che era scandaloso che una madre di famiglia povera volesse un anticipo per andare dal parrucchiere. Insomma, mi fece capire che secondo lui i poveri erano in primo luogo un tubo digerente senza diritto ad avere altre esigenze. Mi fece riflettere. Giunsi alla conclusione che Amara non meritava di essere povera e anche brutta, e che se voleva farsi bella per il suo uomo era un segno di grandissima dignità. Presi dei soldi miei, glieli diedi e dissi: “va’ a farti i capelli e anche il manicure”. E smisi per sempre di fare i conti in tasca agli altri e di decidere io quali debbano essere le priorità altrui.

    • lasacco ha detto:

      @sandra: capisco molto bene quello che tu dici e colgo l’occasione per sottolineare che non avevo nessuna intenzione di giudicare nessuno. questo l’ho imparato nei molti anni di lavoro sociale. però ho molto riflettuto sull’atteggiamento del non comprare libri usati “a priori”, scelta dettata, secondo me, da una sorta di “condizionamento sociale”, forse tipico dell’ambiente sociale in cui vivo, dove tutti sanno tutti e ti giudicano (e criticano) per come appari. e a questo che mi ribello, anche se so che ci posso fare poco

  5. Sally Cinnamon ha detto:

    Io non sono mamma, ma ho sempre comprato i libri usati quando si poteva, oppure li ho avuti da mia sorella o da mia cugina quando li avevamo uguali. Mi sembra davvero assurdo che delle madri “inorridiscano” al pensiero di comprare dei libri usati, di risparmiare dei soldi e di diminuire, seppur di poco, lo spreco di carta…

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